Lezione 2 – VIOLENZA E BULLISMO

Con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.

La normativa contro la violenza di genere persegue tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime. Con l’introduzione nel 2009 del reato di atti persecutori-stalking, che si configurano in ogni atteggiamento violento e persecutorio e che costringono la vittima a cambiare la propria condotta di vita, fino alla legge sulle ‘Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere’, risultano infatti rafforzati la tutela giudiziaria e il sostegno alle vittime, una serie di aggravanti e la possibilità di permessi di soggiorno per motivi umanitari per le vittime straniere di violenza.

È doveroso inoltre spiegare la differenza tra due termini che spesso vengono confusi o considerati sinonimi: quello di “sesso biologico” e di “genere”. Se il primo rimanda alla natura biologica di maschio o femmina, il secondo fa riferimento alla personale identificazione nel maschile o nel femminile, o in entrambi, o in nessuno. Si riferisce, quindi, a qualità o caratteristiche che la società attribuisce a ciascun sesso attraverso la conformità a norme e ruoli sociali. Il termine “genere” è stato introdotto per la prima volta nel 1955 dal sessuologo John Money ma bisognerà attendere il 1970 per la sua diffusione, grazie alla nascita delle teorie femministe. Secondo la teoria del genere, le persone nascono maschio o femmina ma solo successivamente imparano a essere uomini, donne o entrambi. Il modo in cui viene percepito il “genere” è influenzato da fattori sociali e culturali che non solo sono profondamente radicati in ognuno di noi, ma possono mutare nel tempo.

La Convenzione di Istanbul nel 2011 ha definito con il termine “genere” tutto l’insieme di “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per done e uomini”.

Gli attori sociali che contribuiscono a sviluppare credenze errate sul genere sono rappresentate dalla famiglia, il gruppo dei pari, le istituzioni e i mass media.

Questi nel tempo hanno creato dei veri e propri stereotipi di genere che ancora oggi attribuiscono all’uomo caratteristiche come la potenza, la dominanza, la sicurezza, l’aggressività e la mancata esternazione delle emozioni; mentre la donna viene percepita come debole, dipendente, sensibile, dedita al marito e ai figli. Coloro i quali non rispecchiano questi stereotipi vanno incontro a un pregiudizio che nel peggiore dei casi si conclude con una discriminazione. È per questo che con l’espressione “violenza di genere” si indicano tutte quelle forme di abuso che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.